Onorevoli Colleghi! - L'emergenza immigrazione è tornata prepotentemente di attualità anche a seguito dell'emersione di gravissimi casi di sfruttamento della mano d'opera straniera.
Come, purtroppo, molti di noi sapevano anche prima delle recenti inchieste giornalistiche, e delle conseguenti attività di controllo del territorio e di repressione del fenomeno, ci sono vaste aree del sud Italia in cui ancora si pratica il caporalato e la «tratta delle braccia»; dove immigrati clandestini in cerca di un lavoro che possa sfamare loro stessi e le famiglie lasciate in patria vengono sfruttati fino al limite dello schiavismo da delinquenti che non possono definirsi imprenditori e che, in taluni casi, sono parte integrante di un sistema economico paramafioso o paracamorristico.
Migliaia di donne e di uomini costretti a vivere ai margini della società italiana in condizioni igienico-sanitarie ritenute, dall'organizzazione non governativa «Medici senza frontiere», di livello inferiore rispetto agli standard minimi richiesti dall'ONU per i campi profughi in zone di guerra. Migliaia di lavoratori che la clandestinità condanna a vivere e a lavorare senza apparire, pena l'espulsione dal nostro Paese.
E quando lo sfruttamento emerge alla luce del sole, grazie all'impegno delle Forze dell'ordine o degli organi ispettivi, gli immigrati clandestini sono i soli a non poter beneficiare del sistema di protezione sociale di cui godono gli operai agricoli e, più in generale, i lavoratori italiani. Lo status di clandestino impedisce